di Elisa Malagoli
Questa settimana abbiamo avuto l’occasione di parlare con uno dei nostri rappresentanti, Riccardo De Lellis, per conoscere quelli che sono gli obiettivi e i pensieri delle persone che sono state elette dagli studenti della nostra scuola.
Riccardo, chi sono i rappresentanti?
Siamo in quattro, tre della lista “Make it like Canossa”, cioè Letizia Becchi, Damiano Piersante ed io, mentre dell’altra lista, il “Collettivo studenti”, solamente l’Emily Morlini. L’unica diversità nel gruppo è data dalle differenze delle idee portate in campagna elettorale, perché siamo due poli un po’ opposti, però con il tempo siamo riuscisti ad equilibrarci, anche a livello di comunicazione e idee per formare una cosa unica. Soprattutto perché essere rappresentante non deve essere una cosa politica, ma un modo per migliorare la nostra scuola. D’altra parte tutto ciò che si può pensare della collaborazione tra due liste differenti è da considerare che siamo un tre più uno, si discutono le idee insieme e si prende una decisione.
Come sono i vostri rapporti con i professori e la presidenza?
In generale anche il rapporto con i prof e la presidenza non è stato destabilizzato, perché in campagna elettorale c’erano diverse posizioni che alla presidenza non piacevano, però anche la comunicazione tra noi è ottima.
Cosa si deve fare per essere rappresentanti? In particolare cosa hai fatto tu, Riccardo, per esserlo?
Ho dormito poco, devo dire. No dai, allora quando diventi rappresentante tutti dicono: “Ah, lo fai solo per felpe, feste d’istituto e cose così”. In realtà la maggior parte del tempo lo passi in consiglio d’istituto a discutere di cose che, per me, non sono molto importanti, a confrontarti con persone che propongono idee che in quel momento non sono necessarie e a cercare di far prevalere la posizione degli studenti che molto spesso è poco considerata, ma non perché non lo vogliano, solo che ogni anno cambia il consiglio d’istituto per gli studenti, ma non per gli altri organi.
Una volta diventato rappresentante arrivano tutte le responsabilità, ad esempio solo per preparare il monteore sono dovuto rimanere a scuola un’ora in più. Devi contattare chi di dovere per organizzare le attività, devi farle approvare dalla presidenza e ci sono tutti i problemi legati alla sicurezza. È abbastanza complesso, ma dall’atra parte a me piace molto come cosa. Ho deciso di farlo perché ci tengo a questa scuola, è brutto vederla com’è adesso e quindi vorrei migliorarla. Tuttavia non bisogna pensare che noi possiamo fare quello che vogliamo, siamo limitati, soprattutto noi di quinta, i prof non ci fanno uscire quando vogliamo.
Hai parlato del monteore, come lo avete organizzato, che attività avete deciso di proporre, anche inerenti alla violenza di genere?
Noi abbiamo ideato due attività che parlano di violenza sulle donne, una con la croce rossa di Reggio Emilia riguardo all’educazione affettiva, mentre il collettivo si è proposto per fare un dibattito femminista con degli esterni. Questo è ciò che abbiamo pensato per il monteore, ma abbiamo in mente proprio dei momenti di condivisione, di confronto da proporre successivamente, ad esempio, la visione del film di Paola Cortellesi, il nostro obiettivo è quello di riuscire a farlo vedere a tutte le classi. Tuttavia è sempre una questione molto difficile, perché i professori certe volte fanno ostruzionismo, su questa cosa poco, ma di solito lo fanno.
Inoltre vorremmo organizzare una serie di seminari con persone di spicco femminili per far capire che non c’è il blocco che tutti affermano esserci e quindi le ragazze possono arrivare a dire che hanno le possibilità. Vogliamo sdoganare quegli stereotipi che ci sono sempre stati. Tuttavia questa è una cosa complessa che richiede più tempo e per fortuna il preside è molto contento di quest’idea, vedremo come riusciremo a organizzarla.
Invece per altre attività abbiamo pensato ad attività di condivisone. Secondo noi non si deve buttare tutto in un unico monteore, ma in tanti. Abbiamo cercato di creare l’ambiente, è un processo difficile, ma le attività sono tante: c’è la sala del thè che era piaciuta molto, il club del libro dove i ragazzi si possono confrontare sui libri che hanno letto, film anche in lingua originale, per adattare la visione a tutti gli indirizzi, attività legate al movimento, cioè a come ci si sente, a come ci si relaziona nel mondo, anche con l’espressività del corpo e i balli caraibici, che piacciono molto, ma aiutano anche a socializzare. Infine tutte le attività sportive per creare sempre una comunità e una condivisione.
Questo è ciò che sarà, ma al consiglio d’istituto chiederemo anche un’attività di musica dal vivo, anche se è complessa come questione.
Hai nominato il consiglio d’istituto diverse volte, cos’è? Come funziona?
Allora è un posto magnifico dove nessuno vuole entrare e fa bene; è formato dalla componente degli studenti, dei genitori, dei docenti e del personale Ata. Al consiglio presiede anche il dirigente scolastico e a volte la DSGA, che è la direttrice amministrativa del Canossa, colei che mantiene i rapporti economici. Io sono in giunta quindi devo trovarmi a scuola mezz’ora prima del consiglio per tutte le questioni economiche.
Ad ogni modo in questa riunione si decide tutto del Canossa: le lectio brevis, che sono le uscite o entrate prima o dopo da scuola, le vacanze, i programmi, il piano orario…e sembra strano, ma è tanto difficile riuscire a coordinare genitori e insegnanti. I genitori hanno una visione molto protettiva verso i figli, mentre gli insegnanti ci tengono, ma non sono così attaccati. Ad esempio un’idea era quella di mettere i professori a difesa dei cancelli del polo. Tuttavia questa me l’aspettavo. Inoltre nel consiglio si riconosce l’autorevolezza che ci dà l’istituto come suoi rappresentanti.
Tutti i consigli funzionano sempre seguendo lo stesso ordine: si discute dei verbali del consiglio precedente e si affrontano le problematiche interne cercando di trovare una soluzione, non sempre si trova, ma si cerca di stabilire dei piccoli tasselli per cercare di venirsi incontro.
Come hai vissuto le elezioni?
Male, malissimo, momento più teso dell’anno secondo me, perché sei sempre concentrato per fare tutto bene, ogni cosa può essere utilizzata contro di te. In realtà è bello perché presenti le tue opinioni, capisci le problematiche e su quelle plasmi un pensiero. Noi abbiamo proposto le nostre idee sulla base delle nostre esperienze, ma capiamo che ogni studente la vive in modo diverso, quindi è più un momento di confronto che di scontro, almeno questo è il Canossa, in altre scuole ho notato che è più di scontro.
Secondo te c’è qualcosa che gli studenti dovrebbero sapere?
Allora, al di là dei progetti sulla violenza delle donne, a gennaio partirà un progetto sui graffiti per la riqualificazione interna della scuola. Inoltre è importante sapere che anche se noi siamo i rappresentanti non siamo bravissimi, abbiamo bisogno degli studenti, non siamo qualcosa di superiore o esterno, siamo studenti come tutti. Vorrei che gli studenti lavorassero di più con noi, c’è questo problema di comunicazione tra noi e loro, vorrei che si migliorasse. Se noi collaboriamo alla fine possiamo migliorare la scuola, il Canossa sembra brutto, ma è molto bello. Se funzionasse bene sarebbe ancora meglio.
Cosa cambieresti del Canossa?
Cosa cambierei? Cambierei la visione che i professori hanno di certi indirizzi suddividendoli fra quelli che vengono considerati migliori e altri peggiori, dipende dalla persona, c’è una visione generale sbagliata e noi vogliamo cambiarla, ma deve partire da noi studenti. Bisogna essere felici e decisi sull’indirizzo che abbiamo deciso di seguire e non farci influenzare da voci di corridoio. Vogliamo dare un’identità alla scuola, al Canossa, ma dobbiamo cambiare prima di tutto la mentalità.
E tu come bilanci i compiti da rappresentate e quelli da studente?
È difficile, stancante e stressante, devi essere sempre presente sia mentalmente che fisicamente poiché nessuno perdona niente, ma, oltre a questo, tutto sta funzionando e andando bene, abbiamo un bel rapporto con gli studenti, il preside, i docenti e soprattutto con il personale, che ci aiutano e ci sostengono.
Il blog della scuola risulta poco conosciuto ma tu, Riccardo, lo hai conosciuto, come?
L’ho conosciuto e uno dei miei obiettivi è migliorarlo, poiché la circolazione migliore delle informazioni rende gli studenti più coscienti del fatto che all’interno della scuola ci siano una varietà di progetti come l’ERASMUS, del quale mi occupo personalmente, ma che risulta anonimo e quindi mi ritrovo a lavorare da solo per un istituto. C’è poca voglia di far conoscere il mondo progettistico del Canossa, sia da parte degli studenti che da quella dei professori. In poche parole le informazioni fanno fatica a passare quando fra i giovani non dovrebbe essere così e il Blog potrebbe essere quello strumento che ci aiuterebbe a rendere più conosciuti determinati progetti.