di Martina Gatti
I disturbi alimentari (dca) sono per definizione “disturbi che consistono in disfunzioni nel comportamento alimentare”, ma in realtà sono molto più di questo in quanto il cibo è solamente la punta dell’iceberg. Soffrire di disturbi alimentari non è una semplice “ossessione per la dieta” o il voler essere magri, ma porta invece ad esserne talmente ossessionati dal non provare più interesse ed entusiasmo per altri ambiti della vita, come le relazioni affettive, lo sport o la scuola. Ci sono numerose tipologie di disturbi alimentari (tra cui le più diffuse sono anoressia, bulimia e binge eating), ma tutte sono accomunate da tanta sofferenza psicologica.
Questi disturbi sono caratterizzati solitamente da un’eccessiva paura legata al cibo e al peso corporeo e, di conseguenza, da un’eccessivo controllo verso di essi; di solito questi portano a voler mirare sempre alla perfezione, a non accettare un fallimento (anche in campo nutrizionale, infatti, un “fallimento” può essere considerato tale dopo aver mangiato qualcosa in più o non aver rispettato certe regole autoimposte) e soprattutto a una visione totalmente distorta del proprio corpo, chiamata “dismorfofobia” o “dismorfia corporea”. La dismorfia corporea, nel caso dei disturbi alimentari, porta spesso a vedersi molto grassi anche in condizioni di sottopeso, perché lo stato d’animo e i pensieri disfunzionali vanno a incidere su ciò che è la visione di sé stessi, e fa concentrare tutta la propria attenzione ed energia sul corpo portando ad ansia, vergogna, rabbia verso sé stessi e paragoni.
Soffrirne porta inoltre a molti sensi di colpa alternati a sensazione di benessere quando si riescono a seguire le regole alimentari autoimposte; porta al conteggio ossessivo delle calorie, alla ricerca sfrenata di metodi compensatori, al paragonare il cibo che si mangia con quello ingerito da altri e a volte alla paura incontrollabile verso ogni sostanza anche non calorica (come vitamine, integratori o acqua). Il disturbo alimentare spesso diventa per chi ne soffre la propria “guida”, cioè procura dei pensieri che diventano gli unici che si riescono ad ascoltare, perché talmente forti e presenti da convincere della propria inadeguatezza in ogni campo.
Un disturbo alimentare nasce da un dolore molto profondo non risolto e non ascoltato precedentemente: può essere un grido di aiuto, di attenzioni e amore, di rispetto o ascolto. Sono malattie che portano spesso a chiudersi e isolarsi e che sono spesso associati ad autolesionismo, depressione o disturbi d’ansia. Oltre alla tanta sofferenza, ovviamente questi portano anche a molti sintomi fisici (come rallentamento o aumento del battito cardiaco, danni alla fertilità e al sistema osseo, difficoltà di concentrazione, ipotermia…) e, se non curati adeguatamente, possono portare alla morte.
I disturbi alimentari sono un’agonia e sono purtroppo sempre più diffusi non solo nei giovani e non solo nelle ragazze: in Italia nel 2023 sono stati registrati 4.000 morti per disturbi alimentari e oltre 3 milioni di persone affette da questi, inoltre si stanno presentando sempre più casi di bambini sotto gli 8 anni e anziani; fra i giovani sono le seconde cause di morte dopo gli incidenti stradali. I dca devono interpellare ognuno di noi, sia per la prevenzione che per il sostegno a chi ne soffre e ai suoi cari, che soffrono con lui/lei; è necessario un contesto che sappia accogliere, ascoltare e non giudicare.
Il 30 dicembre 2021 era stato istituito un fondo di 25 milioni di euro per la cura dei disturbi alimentari che si sarebbero divisi negli anni 2023-2024; questo fondo quest’anno è stato tolto con una nuova legge di bilancio dal Ministro Schilacci e, dopo l’aderimento di 29 regioni alle manifestazioni, rimesso. Questa decisione non era stata in ogni caso soddisfacente in quanto erano stati reinseriti gli stessi soldi (10 milioni di euro) che nel 2023 avevano portato a 4.000 morti e che, quindi, già precedentemente non erano stati sufficienti. Dopo la manifestazione contro il taglio dei fondi, tuttavia, il Ministro ha previsto un fondo di 50 milioni per il 2024 e di 200 milioni per il 2025, così da rendere i fondi strutturali e d’ora in poi sempre presenti.
I disturbi del comportamento alimentare non sono malattie emergenziali, cioè affondano le radici in dolori profondi e hanno bisogno di un percorso duraturo, continuo e a volte molto lungo; penso quindi che prima di tutto i dca debbano essere inseriti nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) come malattie a sé stanti. I disturbi alimentari, ad oggi, sono compresi nei LEA insieme a ogni altra malattia psichiatrica e, quindi, queste hanno un budget che viene diviso tra loro; da molti anni si lotta per far sì che questi inizino ad avere un proprio budget che permetta a chi ne soffre di curarsi e guarire, perché uscirne è possibile, ma solo con le cure adeguate.
La sanità pubblica non è soddisfacente per via delle lunghe attese (anche di un anno) per chi deve essere ricoverato, per le attese presenti anche nei centri pubblici, per la poca disponibilità o per il tempo delle visite molto corto e inoltre i centri non sono presenti in egual misura in tutte le aree, come nel Molise dove non è presente nessun centro pubblico per la cura di questi; per questo motivo ci si ritrova spesso costretti a rivolgersi a trattamenti privati che però non hanno costi accessibili a tutti, contando anche che per la cura dei disturbi alimentari è necessaria un’equipe formata da psicologo, nutrizionista e psichiatra. Affrontare una malattia cronica, quale un disturbo alimentare, vuol dire pagare anche migliaia di euro per molti anni per garantire cura, farmaci e assistenza; secondo i conti fatti da Cittadinanzaviva, infatti, tra visite, farmaci e dispositivi si possono superare i 40.000 euro all’anno. Dopo la manifestazione il Ministro ha annunciato un probabile inserimento dei dca nei LEA come malattie a sè stanti nel prossimo aprile, ma ancora niente di concreto.
Soffrire di disturbi alimentari fa sentire in trappola, senza via di uscita e spesso si ha anche paura di “un’uscita”, della guarigione, perché la vita diventa un mondo nuovo, tutto da scoprire, senza più l’appoggio, seppur malsano, di un disturbo alimentare che per tutti quegli anni ci ha insegnato come pensare, come comportarci, cosa dire, come vestirci, come mangiare…
Chiedere aiuto è fondamentale, la terapia porta a una conoscenza di sé stessi penso impossibile da compiere da soli ed è un cammino fatto di salite e discese, vittorie e ricadute, che però dopo tanta fatica porterà alla guarigione, alla libertà, a una boccata di aria fresca. A chi sta accanto a persone con queste malattie consiglio di ascoltare, perché a volte non serve dire qualcosa per trasmettere la propria presenza; consiglio di parlare il meno possibile di cibo, di diete e tutto ciò che riguarda l’alimentazione e di non forzare, ma accompagnare con delicatezza, cercando allo stesso tempo di motivare la persona a uscire pian piano dalla sua “comfort zone”, standole accanto per esempio nell’affrontare cibi per lei spaventosi, e soprattutto di cercare di distrarre e portare allegria nei cuori totalmente bui di chi ne soffre.
A chi si sente intrappolato invece dico di non mollare, perché, seppur i nostri cuori sembrino totalmente bui, c’è un piccolo spiraglio di luce nell’anima di ognuno di noi che urla e grida per una vita felice, più serena. So che non mangiando sembra di avere il controllo su ogni cosa, ma in realtà il controllo lo ha la malattia, non noi, e proprio per questo bisogna andare contro ogni pensiero disfunzionale facendo proprio ciò che questi ci dicono di non fare, di non mangiare o dire.
Chiedete aiuto e lottate per avere le cure che vi spettano, anzi, lottiamo tutti per far sì che questo avvenga.