di Valentina Vignali
Questo aprile, precisamente il 23, cade il 430° anniversario dalla nascita di William Shakespeare, noto poeta e drammaturgo britannico. L’autore, ritenuto da molti il più importante scrittore inglese, nacque a Stratford-upon-Avon nel 1564 e fu il terzo di otto figli di una famiglia di ceto medio. Durante l’infanzia si dedicò allo studio del latino, del greco e della retorica, probabilmente presso la scuola pubblica della sua cittadina. Il 27 novembre 1582, una volta raggiunta la maggiore età, convolò a nozze con Anne Hathaway, una ragazza di otto anni maggiore, dalla quale ebbe successivamente tre bambini, Susannah nel 1583 e due gemelli nel 1585, Hamnet e Judith.
Shakespeare si trasferì poi a Londra per sette anni, di cui ci restano però scarse notizie, nei quali si dedicò al teatro riscuotendo molto successo tra i contemporanei. Con l’arrivo dell’epidemia di peste nella capitale e la chiusura dei teatri, nel 1592 l’autore iniziò ad inserirsi a Corte e guadagnò fama come poeta. In questo periodo lo scrittore compose i “Sonetti” e due poemetti: “Venere e Adone” nel 1593 e “Il ratto di Lucrezia” nel 1594.
Nel 1594 il poeta entrò a far parte della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men, ribattezzata King’s Men nel 1603 dal Re Giacomo I, che fonderà nel 1599 il “Globe”, il teatro simbolo dell’epoca elisabettiana, nel quale è possibile vedere delle rappresentazioni ancora oggi. Nella compagnia Shakespeare ricoprì anche il ruolo di amministratore oltre a quello di attore e drammaturgo, inoltre completò la stesura di alcune delle sue opere più celebri come “Sogno di una Notte di Mezza Estate”, “Romeo e Giulietta” e “Riccardo III” nel 1595, mentre l’anno successivo “Il Mercante di Venezia”.
Durante gli ultimi anni di vita l’autore tornò nella città natale, pur continuando a frequentare Londra e diminuì la sua produzione di opere per poi smettere definitivamente nel 1613. Shakespeare morì il 23 aprile 1616, il giorno del suo 56° compleanno, probabilmente a causa di una febbre e fu sepolto nella chiesa di Stratford.
William Shakespeare viene considerato da molti, ancora oggi, uno dei drammaturghi più importanti della storia, soprattutto per la sua vasta e affascinante produzione letteraria. Quest’ultima comprende drammi storici come “Riccardo III”, “Enrico VI” e “Riccardo II”, commedie d’amore come “Romeo e Giulietta”, “I due Gentiluomini di Verona” e “Pene d’Amor Perdute” e grandi tragedie tra cui “Amleto”, “Otello” e “Antonio e Cleopatra”. Nelle sue composizioni Shakespeare si dedicò a raccontare la società britannica del tempo e a compiere una complessa analisi psicologica dei suoi protagonisti.
Nonostante la grande fama si hanno dubbi, ormai da un secolo, sulla sua vera “esistenza”, infatti, molti ritengono che William Shakespeare sia in realtà uno pseudonimo per celare la vera identità del poeta.
Tra il 2008 e il 2013 il professore Lamberto Tassinari ha pubblicato uno studio nel quale afferma che la vera identità del celebre autore sia in realtà quella di Giovanni Florio, noto anche come John Florio, il principale anglista presso la Corte Reale londinese. Tassinari, infatti, ritiene che sia colui che veramente si nasconde dietro questo pseudonimo, ricavato probabilmente dal nome della nonna dello studioso, la quale si chiamava Guglielma Scrollalancia (shake = scrolla, spear = lancia) ed era italiana. Questa teoria spiegherebbe sia la centralità riservata all’ambientazione di diverse sue opere nelle città della nostra penisola, dovuta appunto alle origini di Florio, sia il grande utilizzo di vocaboli inglesi e di un alto livello sintattico, che si dubita che possano essere appartenuti ad un semplice commediante come Shakespeare, ma più facilmente a un individuo di cultura elevata come era John Florio.
Tralasciando i dubbi e le scarse informazioni sulla vera storia e identità dell’autore, sicuramente possiamo riconoscere Shakespeare come il più importante scrittore inglese e commediografo del mondo occidentale, il quale tramite le sue opere ha fatto emozionare e commuovere, e continua a farlo, intere generazioni di lettori.