di Anita Viappiani

ENRICO Galiano è docente, scrittore, autore di serie televisive. Il suo romanzo d’esordio “Eppure
cadiamo felici” è stato il libro rivelazione del 2017, poi “Tutta la vita che vuoi” e “Più forte di ogni
addio”, sempre con la casa editrice Garzanti. La sua webserie “Cose da prof” ha avuto oltre 20
milioni di visualizzazioni. Ha dato il via al movimento dei #poeteppisti, flashmob di studenti che imbrattano le città di poesie. Nel 2015 è stato inserito nella lista dei 100 migliori insegnanti d’Italia
dal sito Masterprof.it. Il segreto di un buon insegnante per lui è: «Non ti ascoltano, se tu per primo
non li ascolti». Ogni tanto prende la sua bicicletta e se ne va in giro per il mondo con uno zaino, una
penna e tanta voglia di stupore. Lo abbiamo incontrato per capire cosa significhi essere scrittore,
insegnante e vedere il mondo da molteplici punti di vista. La conversazione si è svolta durante un seminario online, organizzato dal Liceo statale Matilde di Canossa, il 7 marzo 2025.
In numerose interviste ha sempre descritto l’insegnamento come un mestiere da svolgere con competenza e motivazione.
Cosa significa per lei lavorare con i suoi ragazzi? Quale rapporto ha con loro?
«Ho sempre provato ammirazione per alcuni insegnanti che riuscivano ad attirare l’attenzione con conoscenza e umanità. Se prima credevo che fare l’insegnante fosse qualcosa legato all’ego, poi ho capito che il mio ruolo era solo quello di un facilitatore. Un facilitatore che tira fuori da ogni bambino ciò che ha dentro. Ancora oggi, quando tutto ciò accade, provo una fortissima emozione. Mi sembra che insieme stiamo cambiando il mondo».
Secondo una analisi dell’organizzazione internazionale OCSE, l’indice statistico che misura l’ansia scolastica dei nostri studenti è la più alta della media scolastica dei Paesi occidentali.
Qual è il suo parere? Cosa è possibile fare per invertire il trend?
«Conosco bene quest’analisi dell’OCSE. Non credo che questa tendenza sia un parametro che si
possa cambiare individualmente, cioè a livello del singolo insegnante. Credo piuttosto che occorrerà
agire per cambiare l’immagine della scuola come luogo prestazionale in cui l’errore viene stigmatizzato. Noi insegnanti siamo dei correttori di errori piuttosto che essere dei valorizzatori di capacità e propensioni dei nostri Ragazzi. Dovremmo valorizzare di più il talento».
In un incontro TEDx, lei ha dichiarato che le migliori scoperte e le innovazioni nascano quasi sempre da deviazioni ed errori. In una società in cui siamo obbligati al conformismo come si fa?
«Andiamo verso un tipo di società che predilige chi è in grado di uscire dagli schemi ed è necessario far emergere le nostre specificità per non essere rimpiazzati da algoritmi. Il mondo ha fame di persone che si distinguono e che vanno fuori tema, sono quelle che ti fanno appassionare veramente».
I suoi personaggi sono articolati, complessi, fragili quando perdono la loro direzione, forti e pieni di infinita umanità quando ritrovano il senso della vita. E’ capitato anche a lei di perdere la direzione?
«Mi sono perso più volte. Ancora adesso non sono sicurissimo di essermi trovato. Ho vissuto per
molto tempo in direzione contraria ed ostinata. Durante un viaggio in Nuova Zelanda pensavo che il
mio futuro fosse vendere bustine di zucchero con aforismi. Poi ho ritrovato me stesso sbagliando,
ma capendo cosa volessi fare e dove volessi stare».