Causa ed effetti
Sin da piccoli abbiamo sempre vissuto nel mondo della falsità, dell’apparente perfezione.
Penso che le cause di questo atteggiamento controproducente possano essere il timore di
chiedere aiuto, scaturito probabilmente dalla paura dell’abbandono, oppure, come ricordo
d’aver letto, dal fatto che più l’uomo è vuoto, più ha bisogno di dimostrare qualcosa per
sentirsi apprezzato e “riempito” dagli altri. Questa modalità, non dell’essere, ma
dell’apparire, consiste anche nel nascondere la parte più vulnerabile del nostro io.
Mascherando le nostre fragilità, certe volte anche a noi stessi; potremo soltanto
sembrare più forti, ma nella realtà saremo più deboli. Così facendo, si rischia di cadere in
un circolo vizioso nel quale più celiamo le fragilità, più le temiamo e meno siamo in grado
di gestirle e risolverle.
Serenità e consapevolezza
Nel momento in cui saremo in grado di riconoscere le nostre fragilità, riusciremo a
trascorrere la vita più serenamente. Perciò l’accettazione di sé è fondamentale: da un lato
è il primo passo per riuscire a raggiungere questo obiettivo, ovvero quello di vivere in
tranquillità, dall’altro perché, una volta ammesse le nostre debolezze a noi stessi e agli
altri, potremmo, in alcuni casi anche grazie all’aiuto di esperti esterni, riuscire a risolverle
almeno in parte, non vivendole così più come tali.
Da fragilità a punto di forza
Non si può far altro che trarre beneficio dal vivere le fragilità con consapevolezza. Ad
esempio se ne possono addirittura scoprire aspetti positivi, rendendole così punti di forza.
C’è chi, pur essendo consapevole di potervi lavorare sopra, non è d’accordo con questa
affermazione e si domanda ciò come sia possibile. A sostegno della mia tesi, riporto come
riferimento la mia esperienza personale.
Corpo e danza
Da quando ho iniziato a studiare danza a livello agonistico, mi sono sentita ripetere varie
volte da alcuni insegnanti che il mio corpo non è in grado di sostenere il tipo di
allenamento necessario per raggiungere gli obiettivi da me prefissati. Ciò a causa della
mia iperlassità, che si traduce in estrema fragilità e debolezza delle articolazioni, e della
mia altezza, che rende i virtuosismi, quali giri, salti ed alcuni movimenti, molto più
complessi da eseguire. In seguito a un iniziale momento di sconforto sono riuscita, anche
grazie all’aiuto di alcuni maestri di danza, a valorizzare queste mie fragilità: per quanto
riguarda l’iperlassità ho scoperto di essere in grado di assumere posizioni alquanto
originali e spettacolari. L’altezza nella danza rende certamente l’esecuzione dei passi
molto più complessa. Per esempio, avendo un baricentro elevato, è più probabile
sbilanciarsi e più difficile mantenere l’equilibrio. Inoltre le leve lunghe, cioè braccia e
gambe, sono faticose da controllare. Bisogna però notare che difficoltà e bellezza vanno a
pari passo: negli adagi, ovvero nelle coreografie e negli esercizi caratterizzati da passi
lenti, piuttosto che un corpo corto e basso, più adatto per eseguire virtuosismi quali
pirouettes, piccoli salti e batterie, risulta maggiormente elegante e solenne un fisico
magro, longilineo e slanciato come il mio.
Da quando ho imparato ad accettarmi, seguo le lezioni di danza con serenità ed, essendo
consapevole delle mie caratteristiche personali, sono anche in grado di studiare
correttamente e di conseguenza ottengo risultati più velocemente.
Questa mia esperienza dimostra come la tesi precedentemente affermata secondo cui in
alcuni casi è possibile trasformare le fragilità in punti di forza sia effettivamente vera.
di Martina Caselli